Chicago di David Mamet ha tutto per diventare un film di successo: trama sempre sul filo del rasoio, dialoghi vivaci che non ci si stanca mai di leggere, uno sfondo storico-sociale importante in grado di lasciare il segno nella mitologia letteraria statunitense.
Il libro è anche la storia di un’amicizia fra due giornalisti, Mike e Parlow, impegnati a descrivere Chicago, una città complessa e ricca di criminalità, fra gli Anni Venti e Trenta del secolo scorso, immersa nei fumi dell’alcol e della prostituzione, dove l’unica legge in vigore è quella di salvare la pelle a tutti i costi.
Mamet, già sceneggiatore de Gli Intoccabili e Il postino suona sempre due volte, sa perfettamente come usare le parole per creare la giusta suspense e tenerci incollati ad ogni pagina. I timori di Mike Hodge sono espressi infatti in tutte le loro debolezze e fragilità: un uomo che si porta dietro le conseguenze psichiche della Prima Guerra Mondiale, impegnato a far luce sull’assassinio improvviso della sua fidanzata.
Ovviamente non vi dirò come va a finire. Vi basti pensare che entrerete fra le strade scomode e malsane di una città alla ricerca della sua identità, in locali pieni di gente poco raccomandabile ma tremendamente umana. Persone a cui batte un cuore oscuro, nerissimo come i vestiti dei gangsters che sparano senza pietà.
Ciò non toglie, in tutta sincerità, che avrei sperato in un finale migliore. Ma il libro è potente e racchiude in sé una certa forza che può, nei prossimi anni, renderlo uno dei classici della narrativa americana. Di quelli scritti da Hemingway o McCarthy. Un blues lento e inesorabile di anime dannate alla ricerca della redenzione.
Editore: Ponte alle Grazie – Traduttore: Andrea Bianchi – Collana: Scrittori – Anno edizione: 2018 – In commercio dal: 31 ottobre 2018 – Pagine: 310 pp., Brossura – Prezzo: 18 euro
Vot. 07/10.
Un ascolto/un’opera d’arte: Goldfrapp – Lovely Head (2000); Picasso – Les demoiselles d’Avignon (1907).
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