L’incontro con l’Occidente
Quando si parla di letteratura giapponese la nostra mente richiama subito grandi nomi come Murakami Haruki, Mishima Yukio o Banana Yoshimoto. Autori che, seppur con un’ambientazione tipicamente nipponica e tematiche care all’Oriente, sono molto vicini al nostro concetto di romanzo contemporaneo. Il Giappone ha avuto uno sviluppo storico – culturale molto diverso dalla vecchia Europa, e parlare di letteratura moderna giapponese implica alcuni problemi. Il primo è senza dubbio che prima dell’ arrivo degli occidentali a fine ‘800 non si conosceva il concetto di romanzo come lo intendiamo noi.
Il romanzo moderno giapponese è piuttosto recente nonostante il Giappone abbia una lunga tradizione letteraria iniziata nell’VIII secolo grazie ai rapporti con la Cina. Una letteratura inizialmente composta per la maggior parte da poesia, racconti di guerra e diari. E’ soltanto durante il periodo Meiji (1868) che il Giappone inizierà ad avere una letteratura moderna come la intendiamo noi occidentali.
Ma andiamo con ordine.
La nascita della letteratura giapponese moderna
La letteratura giapponese del passato
Grazie alla nascita nel IX secolo dei kana (la scrittura autoctona giapponese, puoi approfondire qui) si è sviluppato durante il periodo Heian (794-1185 d.C.), un genere di tradizione letteraria tipica solo del Giappone. Oltre alle raccolte di poesie, è di spicco la nascita di una letteratura tutta al femminile che produsse i grandi classici di questo periodo come il Genji Monogatari (Storia di Genji: il principe splendente) e il Makura no soshi (Note sul guanciale).

Durante il periodo Medioevale (metà del XII – XVI secolo) si è sviluppato il racconto di guerra (gunki monogatari), un genere diffuso tra tutti i ceti sociali del popolo e spesso recitato accompagnato dal biwa, il liuto giapponese. Tra questi il più conosciuto è l’Heike Monogatari che racconta lo scontro tra le famiglie Taira e Minamoto.

Il Periodo Edo (o Tukugawa, 1600 – 1868) ha visto la nascita di un ceto cittadino agiato, contribuendo così ad una crescita dell’istruzione e ad una diffusione della letteratura. Molte delle opere di questo periodo divennero commerciali e si istituì l’industria editoriale. Molto amati dal pubblico erano i romanzi satirici spesso arricchiti da vignette.
Periodo Meiji
Tutto cambiò durante il Periodo Meiji (1868 -1912), nel momento in cui l’arcipelago giapponese aprì i propri porti all’Occidente dopo tre secoli di chiusura. Ovviamente la cultura nipponica dovette scontrarsi con quella occidentale sotto diversi aspetti. Il rapporto che il Giappone ha avuto durante questo periodo con l’Occidente è ben sintetizzato nella frase: “tecnica occidentale, spirito giapponese”. Il passato non è mai perduto e il nuovo si aggiunge sempre al vecchio.
Il pensiero dell’Era Meiji ripercorre nel giro di 40 anni tutta a strada che la storia dell’occidente aveva fatto in 3 secoli
L’incontro con l’Occidente ha portato il Giappone a ridefinire e riformulare la propria identità, non solo, creando nuovi generi letterari, ma anche dovendo unificare la lingua dando vita ad un giapponese standard. Possiamo dire che con questo incontro-scontro nasce la letteratura moderna giapponese.
Come nasce il romanzo moderno giapponese?
Fino al 1868, il genere letterario più in voga era il gesaku: un gruppo di testi in prosa scritti a partire dalla metà del XVIII secolo da scrittori che accostavano ad una produzione seria una scritta per diletto. Inizialmente gli autori gesaku non volevano descrivere l’arrivo degli occidentali sia per paura della censura sia perché scrivevano per il pubblico, il quale, si aspettava di trovare temi a loro famigliari.

Dal 1872 si capì che la letteratura e il teatro popolare potevano aiutare la diffusione dei nuovi valori, ovvero: includere il rispetto per gli Dei e l’amore per la nazione ed inculcare l’obbedienza all’imperatore e al suo volere.
Il kabuki e il gesaku diventarono così strumenti per l’educazione politica.
Le riviste
In questo contesto le riviste hanno avuto un ruolo significativo nella storia e nello sviluppo della letteratura moderna giapponese. Aiutavano a divulgare idee, su di esse venivano fatte le prime prove di romanzi scritti seguendo le regole occidentali e aiutavano a diffondere una lingua comune più diretta del giapponese classico.
Queste possono esser divise in:
- Ōshinbun: si occupavano di discussioni politiche, erano scritti in lingua classica, non si occupavano di intrattenimento, di quartieri di piacere o di narrativa;
- Koshinbun: erano indifferenti alla politica, molti articoli erano dedicati ad eventi locali, gossip e intrattenimento, usavano una lingua colloquiale, pubblicavano con regolarità romanzi.
Traduzioni, traduttori e le prime opere tradotte
Nel momento in cui si diffusero i romanzi occidentali, i giapponesi si trovarono a dover affrontare il primo ovvio problema: la traduzione. Non solo a dover comprendere e tradurre una lingua straniera, ma confrontarsi con una struttura letteraria completamente nuova per i letterati dell’arcipelago. Inizialmente si traducevano opere europee per apprendere informazioni utili, in seguito per imparare gli stili e generi da inserire nella letteratura giapponese.

Possiamo così dividere le traduzioni in:
- Traduzioni per uomini il cui intento era istruire i lettori ignoranti: erano più interessati alle lezioni che il libro dava ai giapponesi piuttosto che alla qualità
- Traduzioni per uomini maturi a cui volevano trasmettere idee politiche presenti nei romanzi occidentali
- Ed infine le traduzioni per chi era interessato alla letteratura occidentale nel suo essere: volevano capire i sentimenti, modi degli occidentali attraverso la loro letteratura.
Tra i primi traduttori ricordiamo Nakamura Keiu che tradusse “On liberty” di John Stuart Mill e “Self help” di Samuel Smiler. Vennero così introdotti per la prima volta in Giappone i principi base delle istituzioni sociali politiche ed economiche della democrazia occidentale.
Oda Junichirō, invece , ha tradotto “Ernest Maltravers” e “Alice” di Edward Bulwer – Lytton , uscito in giapponese in un unico volume dal titolo “Racconto primaverile di fiori e salici”. Questo autore inglese piaceva per lo stile semplice e l’accuratezza delle descrizioni.
Perché è così importante la traduzione di opere occidentali?
Intanto perché bisognava trovare una traduzione per parole e concetti non esistenti nella lingua giapponese. In più l’inglese ha influenzato la lingua giapponese con modi di dire e pronomi prima inesistenti, come lui/lei (kare, kanojo). Ed infine perché si è così per la prima volta veramente confrontati con il problema di creare una lingua scritta standard che rispecchiasse l’epoca.
Anche se l’era della traduzione fu breve, questa mise le basi per gli sviluppi successivi della letteratura moderna. Soltanto dopo la traduzione dei romanzi europei nel 1870 si inizia ad affermare una nuova concezione di valori legati al romanzo e alla sua funzione.
I primi autori della letteratura giapponese moderna
Tsubouchi Shoyo
Le teorie di Tsubouchi Shōyō in “Shōsetsu Shinzui” (1885, “L’essenza del romanzo) sono considerate l‘inizio della gestazione del romanzo moderno in Giappone. Laureato in lingua inglese presso l’Università di Tokyo, Tsubouchi considerava il
realismo più importante dello scopo didattico dei primi romanzi moderni.

In Shōsetsu Shinzui, auspica una riforma della narrativa giapponese. Per l’autore il romanzo era la forma d’arte che aveva come scopo la rappresentazione della vita umana espressa attraverso l‘indagine dei sentimenti. Compito del romanziera era quello di raccontare le emozioni umane con distacco. In più, Tsubouchi ricercava un nuovo linguaggio più immediato ed efficace di quello classico.
Futabatei Shimei
A Futabatei Shimei si deve la nascita vera e propria della letteratura moderna giapponese grazie al suo romanzo “Ukigumo” (1886-89 “Nuvole fluttuanti”). Per la prima volta si è utilizzata totalmente la lingua colloquiale scegliendo il dialetto di Tokyo. La seconda grande novità introdotta da Futabatei è il ruolo predominante dell’autore il quale cerca di raccontare la psicologia dei personaggi.

Ukigumo è il resoconto della vita fallimentare di un uomo incapace di uscire da una situazione incerta in amore e nel lavoro. Perciò cerca di adeguarsi alla brutale superficialità e al materialismo della nuova società giapponese cercando una collocazione in essa.
Il Periodo Meiji fu un’epoca di grossi cambiamenti per il Giappone. Il popolo giapponese dovette scontrarsi con una cultura lontana dopo ben tre secoli di chiusura totale dove vecchie tradizioni e valori si erano ormai totalmente radicati. E’ interessante vedere l’approccio che i primi scrittori hanno avuto nei confronti del romanzo occidentale, studiandolo inizialmente nella sua struttura per poi, come vederemo in seguito, adattarlo totalmente alle tradizioni giapponesi.
Tipico della cultura del Sol Levante è prendere il meglio da un Paese per poterlo poi inserire nella propria cultura e renderlo così autoctono.
Bibliografia:
Luisa Bienati, Letteratura giapponese vol. 2; dall’Ottocento all’inizio del Terzo Millennio (Einaudi, 2005);
Donald Keene, Dawn to the West: Japanese Literature of the Modern Era; Fiction (Holt Rinehart & Winston, April 1, 1984) ;
Kato Shuichi, Storia della letteratura giapponese volume 3; dall’Ottocento ai giorni nostri (Marsilio, 1996);
Appunti personali presi durante il corso di “Letteratura giapponese moderno-contemporanea” tenuto dalla Professoressa M. Vienna durante il percorso di laurea triennale in Lingua e Letteratura Giapponese presso la facoltà di Studi Orientali, La Sapienza Roma (anno del corso 2008-09)
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