Narrativa italiana, Recensioni
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Tempo curvo a Krems (Claudio Magris) – L’eterno ritorno della letteratura

“Si propose di fare ordine sul suo tavolo ma rimase là inerte, seduto a sognare.”
Italo Svevo, Una vita, p. 14.

“[…] in lontananze assorte […]”
Rainer Maria Rilke, La grande notte.

“Tutto ancora presente […]”
p. 82.

Claudio Magris è uno dei pochi autori al mondo in grado di trascendere gli stilemi convenzionali dello scrivere, per comunicare qualcosa che va al di là del semplice messaggio letterario. Allo scrittore friulano non basta raccontare storie, serve dar loro un significato “altro” che porti a riflettere sulla nostra condizione umana.

È quello che accade con “Tempo curvo a Krems”, libro dalla struttura agile (cinque racconti in tutto, racchiusi in meno di cento pagine) ma dai contenuti importanti, oserei dire, fondamentali per la tematica affrontata: il senso del tempo. Magris, da grande pensatore, ci invita a riflettere su di esso in relazione al suo trascorrere (vero o presunto), senza mai stancare la lettura.

In ogni storia c’è parte del suo mondo: l’amore per la letteratura tedesca e la cultura mitteleuropea, l’enorme eredità di Italo Svevo, gli incontri di una vita che lo hanno segnato nel profondo, un talento letterario irrefrenabile, fatto di squarci stilistici in linea con il sentire dei più grandi poeti. Il suo è un immaginario che vive di confini, soprattutto esistenziali.

Su tutti, quelli del protagonista del primo racconto, “Il custode”, un uomo insofferente agli anni che passano, che cerca di scrollarsi di dosso il peso di vivere: ”Il mondo continuava a fluire generoso verso di lui e non certo a mani vuote, ma poco a poco egli aveva cominciato a sentire il desiderio di arginarlo, di deviare se possibile quel fiume e di erigere qualche barricata contro la vita che avanzava.” (p. 11).

O quello dello scritto che dà il titolo al libro, coltissimo, dove l’angoscia del vivere si scontra con la volontà di andare oltre i limiti temporali, al loro essere invalidanti, per poter finalmente immergersi in situazioni che, nel presente della nostra esistenza, ci sono sfuggite o non abbiamo colto con la giusta determinazione.

“Ma se non c’è più quel tempo, se non esiste, si può dire cos’era, com’era?” (p. 75). Io credo di sì. Grazie all’immaginazione e al potere delle parole. Queste ultime ci permettono di dare forma all’eternità e a quella vita che non vogliamo lasciare perché ci sembra troppo ingiusto farne a meno. E i  cinque protagonisti del testo lo sanno bene.

Editore: Garzanti Libri – Collana: La biblioteca della spiga – Anno edizione: 2019 – In commercio dal: 4 aprile 2019 – Pagine: 96 pp., Rilegato – Prezzo: 15 euro.

Vot.: 7,5/10.

Un ascolto/un’opera d’arte: Franz Shubert –Trio per pianoforte n. 2 in mi bemolle maggiore no. 2, op. 100, D. 929 – Andante con moto (1827); Mirone di Tebe – Vecchia ubriaca (300-280 a.C.).

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