È un pomeriggio scostante e irrequieto quello che accoglie, venerdì 12 luglio, i cinque finalisti del Premio Campiello ospitati, per l’occasione, nell’affascinante cornice rupestre di Casa Cava.
In questo piccolo luogo per la cultura e la creatività ricavato nei sotterranei di una ex cava di tufo, l’atmosfera è pacata nonostante all’esterno la furia di un temporale renda periglioso e scomodo l’accesso all’ambiente.

Arrivato alla 57^ edizione attraverso una lunga e consolidata tradizione fatta di cura verso il mondo della letteratura, il Premio Campiello, nel corso della sua lunga storia, è stato ed è un evento in cui la filantropia imprenditoriale veneta (e non solo) decide di colloquiare con la grande cultura letteraria nazionale.
L’incontro materano, organizzato da Confindustria Basilicata attraverso il Gruppo Tecnico e Cultura della stessa organizzazione e l’apporto della Fondazione Matera-Basilicata 2019, si è proposto di presentare al pubblico della città i cinque libri selezionati per la finale che si terrà il 14 settembre al Teatro La Fenice di Venezia. Kermesse in cui il vincitore verrà scelto da una Giuria anonima di Trecento lettori rappresentativa di varie categorie professionali, sparse in tutta Italia.


Una formula originale che garantisce uno spazio decisionale pluralistico e permette grande margine di riflessione sui libri, discussi in maniera trasparente ed indipendente come affermato dal presidente del premio, l’imprenditore Matteo Zoppas le cui parole iniziali di presentazione hanno dato importanza agli scrittori, i veri attori principali dell’intera manifestazione.
Francesco Pecoraro, autore de “Lo Stradone” edito da Ponte alle Grazie, narrazione della vita sociale di un quartiere e, conseguentemente, di una città contraddittoria, Roma, vista attraverso l’occhio di un uomo ossessionato dai propri fantasmi.

Laura Pariani con “Il gioco di Santa Oca” (La Nave di Teseo), romanzo storico ambientato in una Lombardia seicentesca ricca di personaggi originali e vicende tumultuose, dove una presenza femminile ribelle e mitologica si fa essa stessa possibilità di racconto, narrazione di imprese al limite della leggenda.
Andrea Tarabbia e il suo “Madrigale senza suono” (Bollati Boringhieri), libro dai tratti gotici, che si sofferma sulla figura di Gesualdo da Venosa, musicista geniale ed oscuro, personificazione del male e, assurdamente, di una tensione creativa in grado di dar luce a una bellezza struggente. Un testo particolare, dalla trama avvincente.
Giulio Cavalli, autore di “Carnaio” (Fandango Editore), un viaggio atroce e senza tempo fra le meschinità dell’essere umano, dove la semplicità biografica del protagonista si scontra con la prepotenza di una realtà crudele e impietosa, all’interno della quale lo sforzo principale è quello di conservare la propria dignità.
Paolo Colagrande con “La vita dispari” (Einaudi), storia esilarante e tragica di un ragazzino interprete di un mondo visto a metà, di una mancanza esistenziale che appartiene a tutti capace di farci vivere in maniera buffa, in cui una pietas dal sapore antico ci protegge dall’alto con commiserazione e nostalgia.
Testi intensi, amari ed ironici. Cinque libri che rimarranno nell’immaginario dei lettori per molto tempo e che faranno sicuramente parlare gli addetti ai lavori nei prossimi mesi. Che vinca il migliore.
© Riproduzione riservata TheBookmark.it