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Una tregua insofferente. L’8 settembre 1943, Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli

Premessa storica

Una voce graffiata e precisa, a nascondere una tensione interiore palpabile, esce dalle radio italiane intorno alle 19:45, quando lo speaker dell’emittente di Stato (l’EIAR) passa la parola al nuovo capo del governo, Maresciallo Pietro Badoglio, colui che aveva sostituito Mussolini dopo che quest’ultimo aveva ricevuto la sfiducia nella riunione del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio.

Poche parole, molto formali, per annunciare la resa del Regno d’Italia agli Alleati anglo-americani, sancendo la definitiva e tragica rottura con la Germania nazista, regime che, nei mesi successivi, avrebbe fatto pagare amaramente al nostro Paese questa sua decisione. Da allora, l’8 settembre 1943, vuol dire, in tutti i manuali di storia, armistizio. Un termine apparentemente pacificatore.

Dopo quell’annuncio, infatti, l’Italia dovrà fare i conti con la guerra civile partigiana, la nascita della Repubblica Sociale Italiana, i combattimenti senza pietà con i tedeschi, l’ingresso, il più delle volte traumatico, degli Alleati nelle sue città più importanti.

In realtà il re, insieme ai più alti comandi dell’esercito italiano, decise alcuni giorni prima di mettere fine all’alleanza con la Germania, firmando l’armistizio già il 3 settembre per poi renderlo pubblico più in là. Cassibile, in Sicilia, il luogo in cui avvenne l’incontro con gli Alleati.

Rigoni Stern e l’intimità letteraria della guerra

Il sergente nella neve

Barba bianca, folta, lo sguardo stanco ma vigile perso nell’orizzonte veneto delle sue montagne preferite, in direzione del suo altopiano di Asiago, teatro di battaglie mitiche e sanguinarie, che aveva visto altri soldati morire per una libertà mai fin troppo raggiunta. Era così Mario Rigoni Stern, l’autore che scrisse “Il sergente nella neve” nell’inverno del 1944, in un lager tedesco.

Tema: i ricordi della ritirata di Russia che aveva intrapreso insieme ad altri pochi fortunati. Una testimonianza concreta e diretta, dove l’estremismo di certe esperienze è reso universale grazie alla forza dell’autore di renderle moralmente elevate. Una contraddizione apparente, che fa di questo libro uno dei classici della letteratura italiana del Novecento.

Cosa c’entra con l’8 settembre? Quel senso di vuoto successivo alla diffusione dell’armistizio, è presente anche nel libro di Rigoni Stern, seppur l’argomento sia diverso. Uno spaesamento esistenziale che si protrarrà nelle coscienze dei soldati e dei civili italiani fino al termine del conflitto. “Il sergente nella neve” parla di un’anima che è sempre ai limiti della sua autodistruzione. Eppure, con grande solidità mentale, riesce a mantenere umana la sua indole di sopravvivenza, al di là dell’orrore.

Il fronte russo nella vita quotidiana dei soldati italiani

L’ultimo fronte

Questa lotta interiore è esemplificata ancor di più nella raccolta “L’ultimo fronte” di Nuto Revelli. Storico, soldato, memoria umana di quei caduti e dispersi in Russia che non sono ritornati più alle loro case e che hanno lasciato lettere struggenti, alcune difficili da leggere per il trasporto umano che trasmettono.

Figli, padri, fratelli. La maggior parte di loro dall’istruzione semplice ed umile, cresciuti in un ambiente contadino dedito al lavoro e al culto della fatica, intesa come l’unica arma di riscatto per poter dare alla propria vita la giusta dignità. Ottavio Morino, dottore in legge; Giuseppe Rovera, contadino; Giovanni Colombero, manovale. Sono solo alcuni degli innumerevoli nomi che, come epitaffi, compaiono in questo libro delicatamente amaro.

La lealtà con la quale la maggior parte di essi era partita per servire la Monarchia e il Fascismo, si fa solitudine spietata quando si contrappone alla realtà di una guerra insulsa, priva di significato, nata solo per appagare la sete di vendetta e di conquista di alcuni. Questi soldati sono vittime e profeti dell’inutilità egoistica del male e del disordine seguito al disfacimento del Regime mussoliniano.

Conclusioni

Ma, allora, cosa rimane di una data così controversa e dolorosa? L’esempio di questi uomini ancorati alla loro fragile esistenza fino alla fine; l’angoscia delle famiglie che li hanno cresciuti educandoli al sacrificio e al lavoro; la promessa che sulla loro morte, un futuro di democrazia e tranquillità si sarebbe a fatica costruito, nonostante una pacificazione di facciata porti allo scontro, ancora oggi, una nazione incapace di pensare costruttivamente il suo passato.

L’annuncio dell’armistizio da parte del Maresciallo Pietro Badoglio

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