Narrativa straniera, Recensioni
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La ferrovia sotterranea, Colson Whitehead

la ferrovia sotterranea

Recensione del romanzo “La ferrovia sotterranea” di Colson Whitehead edito da Sur e vincitore del premio Pulitzer 2017 e del National Book Award.

Rabbia. Incredulità. Smarrimento. Queste sono state le forti emozioni suscitate dal romanzo “La ferrovia sotterranea” di Colson Whitehead. Un libro in cui la sofferenza e il dolore trasudano in ogni parola e pagina. Ed io veramente non riesco ad accettare questo capitolo così buio della nostra storia della schiavitù degli Africani in America. La storia moderna delle Americhe è stata scritta con il sangue. Ne sono sempre più convinta.

Ciò che più mi fa rabbia, è l’enorme ipocrisia di molti americani di quel periodo che tanto si professavano cristiani e tanto torturavano senza pietà altri esseri umani. Con divertimento. Senza rimorso. Ovviamente non tutti. Ma ci furono interi Stati ad abbracciare le leggi contro le persone di colore e dar vita ad una vera e propria caccia all’uomo. Dopotutto non sono passati poi così tanti anni dal discorso di Martin Luther King.. Ma andiamo con ordine.

Non avevano mai visto nulla di simile, ma avrebbero lasciato un’impronta su quella nuova terra, così come avevano fatto i famosi coloni di Jamestown, rendendola propria grazie a un’inarrestabile logica razziale. Se il destino dei negri fosse stato quello di essere liberi, non sarebbero in catene. Se il destino dei pellerossa fosse stato di conservare le loro terre, le possiederebbero ancora. Se i bianchi non fossero stati destinati a conquistare questo nuovo mondo, ora non ne sarebbero i padroni.

Una storia di odio e violenza

“La ferrovia sotterranea” narra le vicende di Cora, una giovane schiava di colore nella Georgia della prima metà dell’Ottocento. Cora è nata schiava. Sua nonna Ajarry è stata strappata dal villaggio in Africa in cui era nata e cresciuta. E’ morta nel campo di cotone dove lavorava. La mamma, Mabel, decide di fuggire dalle piantagioni quando Cora aveva solo dieci anni. Non è mai stata catturata, e Cora ha dovuto imparare non solo ad essere schiava, ma anche a sopravvivere con il dolore di esser stata abbandonata. Ma Cora ha voglia di vivere, di credere che anche lei possa avere un’esistenza da essere umano. Stanca delle quotidiane ingiustizie e torture che la sua gente deve subire dal padrone bianco, decide di fuggire insieme all’amico Ceaser verso il Nord, dove la schiavitù inizia ad essere abolita. Attraversano diversi stati del Sud grazie all’invenzione della “ferrovia sotterranea”, una rete clandestina di abolizionisti che aiutavano gli schiavi nella loro fuga. Ma non sarà così facile respirare la libertà. Il razzismo, purtroppo, arriva in ogni luogo.

Il romanzo è un pugno nello stomaco. Dolorosamente reale. I fatti narrati da Whitehead sono storia. Difficile da digerire, lo so. La narrativa avvolge il lettore come una coperta di spine: calda, ma pungente. Le immagini sono vivide, non vengono velate. Sono fotografie di un passato, la storia di un popolo. Cora è un personaggio controverso, sicuramente vittima, ma animata anche lei da odio e da un barlume di vendetta che, giustamente o meno, animava molti schiavi. Interessante anche il personaggio di Ridgeway, il cacciatore di teste incaricato di riportare alla piantagione Cora. Nel libro vengono inseriti dei brevi capitoli con diversi punti di vista sia da parte degli altri schiavi che dei bianchi. Questo ha permesso di avere una visione a tutto tondo del mondo degli Stati del Sud.

Corpi rubati che lavoravano terra rubata. Era un motore che non si fermava, la sua caldaia mai sazia si alimentava a sangue. Con le operazioni chirurgiche descritte dal dottor Stevens, pensò Cora, i bianchi avevano cominciato davvero a rubare ai neri il futuro. Ti aprivano e te lo toglievano da dentro, ancora sgocciolante. Perché è questo che si fa, togliendo a qualcuno il figlio appena nato: gli si ruba il futuro. Lo si tortura il più possibile finché è su questa terra, e poi gli si leva la speranza che un giorno la sua gente vivrà giorni migliori.

Ho amato molto tutta la costruzione del romanzo. La trama è solida, coerente, e permette un approccio storico senza risultare pesante. Alcune immagini di torture descritte sono molto forti, ma vogliamo ancora chiudere gli occhi?

Bisogna dire che rendere reale la ferrovia sotterranea è stato un elemento vincente. Infatti Whitehead ha creato nel romanzo una vera e propria rete ferroviaria gestita dagli abolizionisti che univa i diversi stati del Sud e del Nord per portare in salvo gli schiavi. Ha regalato ancora più concretezza a questa rete invisibile a molti.

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Punti forti del romanzo

  • storia coinvolgente;
  • il personaggio di Cora non è la classica eroina a cui tutto è concesso;
  • storicamente veritiero;
  • tutti i personaggi di contorno sono ben costruiti.

Punti deboli del romanzo

  • non ritengo abbia punti deboli. Personalmente mi sarebbe piaciuta una nota storica a fine libro per approfondire ancora di più l’argomento.
non qui non altrove

Leggi anche la recensione di “Non qui non altrove”


la ferrovia sotterranea

Colson Whitehead – La ferrovia sotterranea

Titolo originale: The Underground Railroad
Editore: Sur
Genere: Narrativa moderna contemporanea; romanzo storico
Prima edizione: 2016
Prima edizione italiana: 2017
Formato: Brossura
Pagine: 376 pp.,
Traduttore: Martina Testa
Prezzo: 20 euro
Premi: Premio Pulitzer 2017; National Book Award 2017
Voto: 9/10

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