“Exercitatio artem paravit, ars decorem […]”
“L’allenamento procura abilità e l’abilità procura eleganza […]”
Tac., Germ. XXIV.
Cosa spinge un uomo ad interessarsi dell’Altro? Che meccanismo scatta nel portarlo vicino alle sponde oscure o luminose dell’anima di un’altra persona che fino a un attimo prima si aveva ignorato se non addirittura detestato? La curiosità, lo studio, una certa dose di morbosa attitudine ad impicciarsi, oppure?
Tacito era un uomo austero, profondamente turbato dai pensieri di una classe senatoria ancora incapace di riflettere con positività sul principato e di ammodernare le sue idee al nuovo percorso politico-istituzionale. L’inquietudine e la voglia di capire le ragioni contorte di questo processo morale sono alla base di tutta la sua storiografia. Ma allora, perché un’opera etnografica?
De origine et situ Germanorum
[…] quos bellum aperuit. Che la guerra ci ha permesso di scoprire, conoscere, rivelare. Aperire, verbo che presuppone un respiro e la sua esplosione sul mondo. Parola di aperture, orientamenti interiori e viaggi ai limiti di se stessi. In tal senso, quest’atto profondamente odisseico, si sposa con la pratica violenta della guerra, strumento fondamentale per costruire un impero.
Quali sono, allora, gli elementi che una conquista attuata con la forza ha permesso di portare alla luce? Tacito è chiaro: gentibus ac regibus. Popoli e re. I Germani, categoria etnica convenzionale che racchiude stirpi barbariche eterogenee e diversissime fra loro, non erano poi molto diversi dagli stessi Romani.
L’interesse sui costumi e sull’ordinamento politico della loro società, l’esaltazione del loro coraggio in battaglia, il grande senso dell’ospitalità e una certa moralità totalmente opposta a quella che imperversava a Roma in quel periodo, sono usati da Tacito per criticare aspramente l’età a lui contemporanea e per sottolineare lo stridente contrasto fra la libertas barbarica e le ipocrisie del principatus romano.
Oltre i limiti
Nelle descrizioni etnico-geografiche è palpabile il risentimento e l’amarezza per qualcosa che sta svanendo e che difficilmente potrà ricomporsi senza l’attuazione di uno sforzo etico profondamente cosciente e determinato. Tacito sa che i Germani sono diversi, ha paura dell’ignoto che li fa essere così distanti dai Romani, ma è come se provasse nei loro confronti una lucida e limpida buona considerazione.
Intendiamoci, non c’è alcun livellamento antropologico fra le due società. L’uomo antico e, nello specifico, quello romano non hanno ancora ben chiari i concetti etici legati all’accoglienza e al rispetto della diversità. C’è però un latente senso di curiosa compartecipazione spirituale in questa monografia che fa pensare come, anche a quei tempi, non fosse poi così difficile nutrirsi dell’inconoscibile.
Curatore: Elisabetta Risari – Editore: Mondadori – Collana: Oscar classici – Anno edizione: 2004 – Formato: Tascabile – Pagine: 90 pp. – Prezzo: 7,20 euro.
Vot.: 7/10.
Un ascolto/un’opera d’arte: Peter Gabriel – Mercy Street (1986); Apollodoro di Damasco – Colonna traiana (II sec. d.C.).
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