“Ma per ragioni di puro equilibrio,
sentiamo quel che ha da dire il me stesso che non è stato salvato.”, p. 14.
“Il presente è la più fragile delle strutture improbabili”, p. 61.
Quando i rapporti umani si fanno silenziosi e l’incomunicabilità delle loro parole diventa l’argomento principale di ogni conversazione, le nostre fragilità emergono più forti e tutto ciò che abbiamo intorno può sciogliersi improvvisamente, come fosse il nettare inacidito di un miele che ha smesso di lenire il dolore che portiamo dentro.
Mediocrità, illusioni, nevrosi personali senza senso, lo sfondo politico e sociale di un mondo che non sa dove vuole andare. L’essere umano costruisce il senso della propria vita su queste basi effimere a cui tenta di aggrapparsi con forza, franando malamente su se stesso.
Dio salvi le nostre inquietudini
È quello che fa anche Charlie Friend. Trentaduenne londinese che avrebbe teoricamente tutte le capacità per diventare qualcuno e che invece si lascia scorrere addosso l’esistenza come la lava bollente esce dal cratere di un vulcano in eruzione. Dapprima violenta, poi lenta, bruciando tutto quello che incontra. Siamo nel 1982, in un’Inghilterra inquieta che lenisce le ferite dello scontro con l’Argentina per il possesso delle isole Falkland. L’atmosfera sociale è fibrillante, le nuove tecnologie avanzano prepotenti.
Charlie compra Adam, essere umano artificiale prodotto in serie insieme ad altri suoi corrispettivi maschili e femminili. Un robot (?) che entra prepotentemente nella vita dell’uomo influenzandone le scelte e i comportamenti fino ad arrivare quasi a contendersi la stessa enigmatica donna, Miranda.
Adam ha una memoria superlativa e capacità cognitive incredibili, Adam sente ciò che prova per tutto quello che lo circonda. Ha carattere e forza vitale da vendere, risultando in questo perfettamente opposto al suo “padrone”. Sa cosa può essere bene e cosa oggettivamente è male, e non può fare a meno di dimostrarlo.
Eppure la vita scalpita al di là di ogni programma e software che cerchi di tenerla a freno. Tra i tre comparirà il piccolo Mark, a cui non hanno dato la possibilità di essere semplicemente un bambino e attorno al quale le vite di Charles e Miranda tenteranno di riannodare le proprie. Ragazzino che accoglie in sé il senso biblico di una venuta sconcertante, capace di mettere in gioco il mondo che le sta intorno.
Scienza è coscienza?
“Mormorò: – Dimmi una cosa? Ma tu sei vero?
Non risposi.”, p. 77.
“I romanzi si sviluppano utilizzando tensione, inganni, violenza,
ma anche momenti d’amore e perfette risoluzioni formali.
Ma quando il connubio tra uomini, donne e macchine sarà completo,
questo genere di letteratura diventerà obsoleto perché allora ci comprenderemo troppo bene.
Abiteremo una comunità di intelligenze a cui avremo accesso immediato.
La connessione avrà raggiunto livelli tali che grumi isolati di soggettività
si dissolveranno in un oceano di pensieri, di cui internet,
per come la conosciamo, non è che la rudimentale anticipazione.”, pp. 139-140.
Adam è la coscienza degli uomini che serve con cura ed attenzione. Li mette di fronte alle loro debolezze cogliendone con nettezza errori ed egoismi attraverso il filtro pratico e obiettivo della scienza. La disciplina attorno a cui ruotano le principali riflessioni del libro, la stessa che potrebbe aiutarci ad essere coscienze migliori.
“Macchine come me”, nella sua trama modernissima, accoglie in sé il riverbero rinascimentale dell’attenzione per la conoscenza. Si avverte con nettezza una fame feroce vero di essa e la ricerca fiduciosa dei suoi misteri. Non dimenticando quanto debolmente non sappiamo credere nelle sue capacità.
Traduttrice: Susanna Basso – Editore: Einaudi – Collana: Supercoralli – Anno Edizione: 2019 – In commercio dal: 3 settembre 2019 – Pagine: 296 pp., Rilegato – Prezzo: 19,50 euro.
Vot.: 7,5/10.
Un ascolto/un’opera d’arte: Boards of Canada – Dayvan Cowboy (2005); André Derain – Ponte di Charing Cross (1906).
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