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Birmania: in viaggio nel Paese dei sorrisi

viaggio in birmania

Racconto di viaggio in Birmania tra la tranquillità del lago Inle e la spiritualità del popolo birmano

Desideravo da tanto tempo tornare in Asia, la mia seconda casa. Ero alla ricerca di spiritualità, quella vera, profonda, ancora sentita e praticata dalle persone. Avevo un’urgente necessità di tornare in contatto con me stessa. Ho scelto il viaggio in Birmania quasi a caso: era la meta meno conosciuta, sicuramente meno turistica rispetto alla Thailandia. Ne sapevo così poco che non ne conoscevo nemmeno la capitale! Eppure, ci ho lasciato il cuore.

Un Paese dove il tempo sembra essersi fermato in un’epoca non ancora inquinata da ansia, stress, tecnologia e rapporti finti. In questo viaggio in Birmania ho ritrovato la bellezza del contatto con la natura e il silenzio, la grande energia che un sorriso ed uno sguardo riescono a trasmettere. L’atmosfera di eterna tranquillità che ho percepito nei dieci giorni di viaggio, è stato un regalo raro e tanto necessario.

Vi porto con me alla scoperta della Birmania e del suo incredibile popolo non attraverso un diario di viaggio, ma con una raccolta di pensieri ed emozioni da me provate!


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Myanmar o Birmania?

L’uso dei nomi Myanmar o Birmania è controverso dal 1989, quando il governo militare ha nominato il paese Myanmar. I militari giunsero alla conclusione – anche se su basi linguistiche e storiche precarie – che “Birmania” fosse un nome non accurato imposto al Paese durante il periodo coloniale derivante da “bamar” (il nome del maggior gruppo etnico del Paese). Sostennero che “Myanmar” fosse non solo culturalmente e storicamente più accurato, ma anche politicamente più inclusivo. (dalla guida Feltrinelli Rough Guides “Myanmar (Birmania)”.

Mingalaba

La Birmania è definita da tutti come il Paese dei sorrisi. Ed è vero! Ogni gesto, ogni parola, ogni azione viene compiuta con un dolce sorriso, spesso circondato dal tradizionale thanaka (una polvere giallo-ocra ottenuta dalla corteccia di alcuni alberi e utilizzata dai Birmani sia per estetica sia come protezione dal sole e dagli insetti). Cosa avranno dai sorridere i birmani tra povertà, regimi militari e tensioni con le diverse etnie? Ecco, questo è il classico pensiero occidentale. A volta non deve esserci per forza un motivo per essere felici se si è in armonia e in equilibrio con il mondo circostante.

Durante il viaggio in Birmania ho capito quanto noi occidentali siamo sempre alla ricerca di una felicità che spesso si identifica con un concetto o un qualcosa di materiale come una casa, il matrimonio, la carriera. In Myanmar ho percepito, invece, un benessere diverso. La povertà dilaga, ma queste persone hanno un equilibrio con la loro vita, con il loro essere e con ciò che li circonda da risultare più sereni di noi che abbiamo tutto, ma siamo perennemente insoddisfatti. E dopo tanto tempo sono tornata a chiedermi: “Qual è il senso della vita? Vale veramente la pena rincorrere uno stipendio, una carriera che non arriverà mai, uniformarmi ad una serie di ruoli e categorie sociali?”.

Un angolo di paradiso

Non ci sono altri termini per definire l’atmosfera del Lago Inle: un angolo di paradiso. Qui il tempo sembra essersi fermato per davvero. Villaggi su palafitte, orti galleggianti, giardini di ninfee, mercati galleggianti… Per non parlare dell’atmosfera di totale rilassamento che si respira. Qui ansia e stress sembrano non aver mai messo piede. La vegetazione lussureggiante di fiori, orchidee, piante tropicali ti avvolge con le sue mille sfumature di verde e di colori. La vita del lago segue i ritmi ordinati dalla natura: è un microcosmo dove il tempo si è fermato. Tante etnie diverse si riversano sulle rive del Lago Inle per raccontare una parte della loro tradizione: gli Shan, gli Intha (la gente del lago Ingle), i Pa-o dai turbanti rossi, i Loi con le loro case lunghe e i Kayan dal collo allungato. Un viaggio in Birmania deve assolutamente includere qualche giorno in questo piccolo luogo meraviglioso.

Sadu, Sadu, Sadu

Spiritualità. E’ un concetto complesso, spesso si confonde con religiosità. La spiritualità è un aspetto fondamentale della mia vita. Sono Buddhista da sempre grazie alla mia mamma che mi ha cresciuta con i valori buddhisti. Ma la spiritualità non la si acquisisce dalla lettura di libri antichi, dalle gesta del Buddha o andando al tempio ogni settimana. Bisogna chiudere gli occhi ed entrare in connessione con quel mondo sottile che ci circonda e ci abita. In questo viaggio in Birmania ho riscoperto la mia spiritualità, quel mio dialogare con me stessa e con l’Universo accompagnata solo dal silenzio.

Il Myanmar è un Paese Buddhista della corrente Teravada (vedi il box sotto). In ogni paesino, anche il più sperduto, non può mancare una pagoda o uno stupa riccamente decorati con foglie d’oro. Il Buddhismo è un elemento fondamentale nella vita Birmana. Tutti devono trascorrere un periodo in un tempio quando sono bambini per poter apprendere i principi fondamentali del Buddhismo. Così si vedono piccoli monaci e piccole monache anche di quattro anni, andare in giro scalzi la mattina per chiedere l’elemosina. Non fate quell’espressione contrariata di sgomento! Fermatevi un attimo a pensare l’insegnamento enorme che questi bambini ricevono fin da piccoli: la gentilezza, non ferire il prossimo, la pace, il saper donare. Non è forse meglio tutto questo di bambini davanti ad un tablet o televisore?

Un popolo che si preoccupa di dare una via – di amore, serenità e pace – ai propri figli è di certo mille anni luce più evoluto rispetto al nostro Occidente. Ogni Birmano può in qualsiasi momento della sua vita tornare in monastero e trascorrere un periodo come monaco o monaca. E in molti lo fanno proprio per essere sempre in contatto con la parte più intima di noi stessi che spesso si perde tra un social e l’altro.

Buddhismo Theravada

Il Myanmar segue i precetti della scuola del Buddhismo Theravada (“Legge degli anziani”), la versione più antica e conservatrice della religione che predomina in Sri Lanka, Thailandia, Cambogia e Laos, (in contrapposizione al Buddhismo Mahayana, più recente ed eclettico, praticato in Cina, Giappone, Corea, Vietnam e altri stati). La scuola Theravada è la più antica tra le due principali, e sostiene di incarnare gli insegnamenti di Buddha nella loro forma originale. I suoi precetti sottolineano come tutti gli individui siano responsabili del loro benessere spirituale e come tutti gli individui siano responsabili del loro benessere spirituale e come chiunque desideri raggiungere l’illuminazione debba seguire lo stesso cammino di Buddha, abbandonando le preoccupazioni terrene e raggiungendo le conquiste spirituali attraverso meditazione e abnegazione.

Questo percorso di rinuncia è impraticabile dalla maggior parte dei membri della comunità Theravada, il che significa l’importanza dei monaci in Myanmar, poiché solo i membri del Sangha (comunità dei monaci) sono considerati completamente devoti al cammino Theravada. (da Feltrinelli Rough Guide Myanmar (Birmania))

Ad un certo punto del viaggio in Birmania arriviamo in un luogo molto particolare: la grotta dei mille Buddha. Premetto che di santuari e templi buddhisti ne ho visti molti in Estremo Oriente, ma questa grotta ha un qualcosa di mistico difficile da trovare altrove. Si arriva con un pacchianissimo ascensore (di notte si illumina di verde con le lucine) su una grotta sul versante di una montagna. Appena varcato l’ingresso, vi troverete in un labirinto di statue del Buddha realizzate in ogni modo e da ogni luogo del mondo.

Un concentrato di spiritualità, devozione, direi anche fede, in una nicchia della natura diventata meta di pellegrinaggio per un intero popolo. Ed io occidentale, camminavo lì tra un Buddha dorato e uno di pietra bianca, con i piedi nudi sulla pietra bagnata pensando di essere capitata in un luogo di fiaba. E anche questo, è secondo me, uno degli aspetti più interessanti e profondi della spiritualità Birmana.

La pagoda splendente

La Pagoda Shwedagon vi ammalierà con la sua imponenza e tutto il suo oro. Per la precisione lo stupa misura 90m di altezza ed è rivestito con l’oro di almeno 22.000 lingotti. Si dice che al suo interno siano custodite otto ciocche di capelli del Buddha Gautama ed altre reliquie. Per questo è considerata tra i monumenti Buddhisti più importanti dell’Asia. La si potrebbe paragonare a San Pietro per i cattolici. Il suo splendore brilla alla luce del sole tanto da rendere difficile tenere gli occhi aperti. Non bastano poche ore per scoprire tutti i segreti, le meraviglie, l’atmosfera di questo luogo incantato.

Il mondo invisibile è più grande di quello visibile

Questo è stato il motto di tutto il viaggio. Già nel romanzo de “L’arte di ascoltare i battiti del cuore” si parlava del rapporto tra mondo visibile e mondo invisibile. E’ un concetto chiave del Buddhismo, il guardare oltre, non fermarsi alle mere apparenze. In Birmania questo è diventato concreto. Si cammina e si respira un’atmosfera dove si ha la consapevolezza che tutto abbia bisogno di esser visto anche con gli occhi del nostro cuore, della nostra anima. Tutto parla, tutto ha un suo suono, una sua vita ed un suo significato. Bisogna accettare ed imparare ad ascoltare con il proprio cuore l’arcobaleno di emozioni e di energia che ci circonda.

Ho camminato anche io a piedi scalzi, come vuole la tradizione birmana, sulla pietra per avvicinarmi al Buddha. Sulla pietra bianca, marrone, sul terriccio, sulle assi di legno. Mi sono riconnessa con la terra, la natura e ho cercato di nuovo nello sguardo del Buddha la mia serenità. E’ difficile descrivere a parole la sensazione di enorme connessione da me provata nel fare qualcosa di così semplice come camminare scalza per un tempio. Forse, proprio perché non sono più abituata alle cose semplici.. Eppure lì, in quel tempietto quasi insignificante rispetto ai grandi giganti in pietra di Bagan, sono riuscita a vedere un frammento del mondo invisibile.



Il mio viaggio in Birmania in 10 punti:

  1. il giro di “notte” (ore 19) per le strade completamente buie e piene di cani randagi a Pindaya
  2. la zuppa della colazione sul lago Inle: spaghetti in brodo di pollo con curry, salsine, noccioline e altre prelibatezze!
  3. fare meditazione all’ombra di uno dei templi di Bagan
  4. le 8 ore in bus su e giù per le montagne birmane immersi nella giungla e nei vivaci colori della campagna
  5. il sigaro Birmano: unica volta che ho provato a fumare qualcosa
  6. i colori e i profumi dei mercati
  7. il “miracolo” del Buddha dorato di Mandalay con il tappo dell’obiettivo della mia reflex
  8. mangostano e cirimoia: due frutti squisiti
  9. i giorni sul lago Inle
  10. i voli su e giù per la Birmania con degli aerei abbastanza fatiscenti

Poesia di Rudyard Kipling “Sulla strada per Mandalay”

Questo viaggio in Birmania è stato ricco di emozioni e di scoperte. Vi ho voluto dare un assaggio di ciò che ho provato in quei 10 giorni con la speranza di avervi incuriosito e invogliato a viaggiare voi stessi per questo meraviglioso Paese! Il rosso ferroso della terra si mescola con il giallo e il verde dei campi. Il dorato delle pagode risplende nei cieli azzurri. E i mille colori dei sorrisi del popolo birmano vi accoglieranno a cuore aperto!

Grazie a tutti per aver viaggiato con me anche questa volta! Un grazie speciale ai miei compagni di viaggio e alla nostra guida birmana Min Min!

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Instancabile lettrice, nipponista da sempre, attualmente dottoranda! Viaggio, fotografo, studio le tombe decorate del Giappone antico. Amo l'inverno, il tè, l'Asia, i biscotti. Ho un cane salsiccia e un fortunadrago in miniatura. Leggo, sorrido, vivo! Quanti segnalibri darò alle mie letture?

4 Comments

  1. aurelia lazzari says

    Grazie per aver condiviso con noi le tue emozioni, leggerti è stato come tornare indietro di qualche mese e rivivere la magia del Myanmar.

  2. Orsola Boran says

    Che bello! Grazie, è stato come viaggiare insieme a te!

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