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Le voci contraddittorie di una nazione – Il 2 giugno e “Il Gattopardo”

Nella decadenza

“Per annullare o mitigare l’astio
del reale, era in cerca del sognato”
,
Jorge Luis Borges, Un soldato di Urbina.

Il 2 giugno 1946 vinse la Repubblica. Dopo anni di dittatura e guerra civile, gli italiani decisero che sarebbe stato questo regime politico a governare le loro vite, abbandonando per sempre gli 85 anni di regno sabaudo. Non fu un risultato plebiscitario, ancora una volta la nazione si divise in due, con un Sud in larga maggioranza monarchico, sottolineando così la natura divisiva del suo modo di essere.

Una condizione che si sarebbe protratta anche negli anni a venire, in ogni campo sociale e politico. Questa profonda lacerazione interiore è testimoniata da “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Libro che parla in maniera antiretorica dei vizi e delle (poche) virtù italiane delimitate dentro uno sfondo storico anch’esso ambiguo e contraddittorio.

Perché associare questo romanzo alla Festa della Repubblica? Le ragioni sono molte, soprattutto per me che guardo con occhi disincantati alla realtà che mi circonda. Tomasi di Lampedusa coglie nelle sue pagine alcuni tratti peculiari del nostro modo di essere cittadini, molto spesso appartenenti ad un comune sentire “di facciata”, retorico, quando in realtà, a prevalere, sono le ragioni dell’individualismo.

Settimana Incom del 15/06/1946 sui risultati del Referendum.

Trasformismo, rapporti umani opportunistici, senso della Storia piegato al proprio tornaconto. Sono tutti atteggiamenti che si palesano ancora oggi e che svuotano di significato l’approssimarsi di ricorrenze importanti, attorno alle quali serve riconoscersi per capire la propria identità nazionale e, di riflesso, quella personale.

Rinascere?

Ha ancora senso identificarsi in date del genere quando, già nel nostro piccolo, non sempre è avvertibile il valore del stesse? Per molte persone fortunatamente è così. Ma a me sembra che rimanga tutto nella sfera del privato e che nel pubblico si palesi, invece, una sorta di automatismo istituzionale verso dei rituali civili ai quali, tuttora, stentiamo a dare un vero significato nazionale ed unitario.

“Il Gattopardo” racconta bene questa condizione di precarietà esistenziale e storica, concentrando nelle sue pagine un senso della decadenza in cui traspare sfiducia e costernazione nei confronti di una classe politica senza scrupoli, pronta a mutare la sua natura pur di conservare i suoi interessi materiali.

Trailer del film -“Il Gattopardo” di Luchino Visconti (1963).

Date come il 2 giugno a me ricordano tutto questo. Seppur grato a chi ha combattuto per la libertà e per il riconoscimento della democrazia, da semplice cittadino so perfettamente che non basta ricordarsi della propria Storia soltanto per rievocare, nell’attimo breve di una giornata, il valore di una ricorrenza. Occorre, al contrario, celebrarla ogni giorno nei nostri comportamenti, con onestà e senso delle istituzioni. Cambiando prima di tutto noi stessi. Ce la faremo?

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