Recensione del romanzo “La scuola della carne” di Yukio Mishima edito da Feltrinelli. Una storia particolare sulla “fame di affetto” e sulle esperienze di vita
Esiste un solo romanzo, nella mia vita da lettrice, ad avermi così traumatizzato negativamente da decidere di non voler più leggere nulla di quell’autore. Sto parlando di “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima. Ho rotto la promessa per partecipare al GDL #leggendoilgiapponegdl con il romanzo “La scuola della carne”. Ero partita totalmente prevenuta e terrorizza tanto che mi aspettavo il peggio da una pagina all’altra. Sono sopravvissuta. E ora vi racconto questa “pace” con Mishima.
Trama
Taeko, elegante e avvenente trentanovenne, conduce una vita agiata e godereccia, destreggiandosi tra l’atelier di cui è proprietaria, le amiche con cui condivide racconti piccanti e gli eventi mondani. Stereotipo della divorziata indipendente dell’alta società nipponica del dopoguerra, dove il desiderio di occidentalizzazione si contrappone ad antiche tradizioni e pregiudizi, Taeko non vuole rinunciare al proprio stile di vita né alla libertà. Poi, una sera, incontra il giovane Senkichi in un gay bar e l’attrazione è fatale. Una magia che scaturisce dalla fresca e virile del ragazzo, dai suoi muscoli tesi, dai lineamenti fieri del viso. La vita di Taeko cambia in un batter d’occhio: proprio lei che aveva sempre voluto solo avventure si ritrova irrimediabilmente in balìa di un giovane tanto bello quanto misterioso. Ne scaturisce un gioco perfido e ossessivo. Ma chi è davvero la vittima? Chi il carnefice?

Mi aspettavo di tutto e di più da “La scuola della carne”: sesso sfrenato, immagini volgari, depravazione nella scrittura. Invece mi sono trovata tra le mani una storia di amore reale, viva, quasi delicata. Una relazione, quella tra la quasi quarantenne Taeko e il giovane Senkichi, in cui gelosia, possesso e ossessione si mescolano per creare agli effetti un amore malato. E la “scuola della carne” – ovvero la vita con le sue esperienze – insegnerà ad entrambi a diventare più consapevoli delle proprie emozioni e desideri.
Taeko vuole essere indipendente anche dopo il divorzio, ha un lavoro di successo, vive serenamente la sua libertà sessuale e si è messa in gioco lasciandosi coinvolgere totalmente dalla passione per Senkichi, un ventenne barista di un locale gay. (Una piccola parentesi: Giappone è abbastanza normale che una donna possa vivere liberamente la propria sessualità non essendo un Paese con morale cattolica, chiusa parentesi.) Per me Taeko rappresenta anche l’insicurezza di quando si ama alla cieca e si è “affamati di affetto” tanto da non vedere che il partner non corrisponde i nostri sentimenti. Si è disposti a tutto, a donare tutto il proprio amore, a scendere a compromessi pur di non essere lasciati. Taeko non vive bene questa relazione mostrandosi insicura, gelosa, ossessiva del suo rapporto con Senkichi. Rapporto che tra l’altro mi è subito parso non equilibrato nei sentimenti e interessi.
Infatti Senkinchi sembra voler approfittare delle attenzioni di Taeko per i suoi interessi personali. Senkinchi sembra interessato solo ai soldi e a migliorare la sua posizione sociale. E’ il simbolo, per Mishima, di quelle generazioni nate sotto l’influenza occidentale e prive dei veri valori della cultura e tradizione giapponese, della vacuità dei nuovi giovani.
“Ma e’ gentile con te?”
Queste parole, proferite in modo innocente dalla sua amica, la critica cinematografica, le squarciarono il cuore. Era la gentilezza che cercava in Senkichi? Grande dilemma. Più ci rifletteva, più restava senza risposta. Tuttavia, di questo era certa nel più profondo del cuore, Taeko era affamata d’affetto.
Sebbene la storia mi sia piaciuta, non ho totalmente apprezzato lo stile di Mishima: molto freddo e distaccato. Non sono riuscita ad entrare in empatia con i personaggi ed è come se mi fosse mancato qualcosa. Probabilmente avrei apprezzato un’analisi più approfondita dell’aspetto interiore dei personaggi. Taeko è meglio caratterizzata rispetto a Senkichi il quale risulta quasi naturale non essere simpatico al lettore.
E poi, i nasi prominenti e bianchi degli stranieri, esposti al vento freddo di quella stagione, arrossivano in punta e non si poteva proprio dire che fossero un bello spettacolo. Fortunatamente che la sala era ben riscaldata!
Chi conosce Mishima sa che non ha mai accettato l’occidentalizzazione del Giappone. E difatti si notano diversi passaggi in cui gli occidentali vengono descritti con disprezzo e inferiorità. In tutto il libro si respira questa sensazione di decadenza data dalla presenza di americani ed europei in contrapposizione con l’eleganza e le virtù dei giapponesi. Un altro elemento tipico di Mishima è il richiamo al suicidio d’amore visto come massima forma poetica per esaltare questo sentimento. Ricordiamo che pochi anni dopo la pubblicazione de “La scuola della carne” Mishima si è suicidato in diretta TV con il rituale tipico dei samurai.
“La scuola della carne” è alla fine la vita che ognuno di noi deve percorrere per poter acquisire l’esperienza per potersi difendere dai dolori e gestire le situazioni. Taeko sembra uscirne vincitrice. Ma sarà davvero così?

Yukio Mishima – La scuola della carne
Titolo originale: Nikutai no gakko
Editore: Feltrinelli
Genere: narrativa moderna e contemporanea
Prima edizione: 1963
Prima edizione italiana: 2013
Formato: tascabile
Pagine: 240 pp.,
Traduttore: Carlotta Rapisarda
Prezzo: 9,50 euro
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