Una penna affilata
“Gli italiani sono sempre pronti a fare la rivoluzione,
purché i carabinieri siano d’accordo.”, p. 131.
“Io non temo nulla. E per questo ho tanta paura.”, p. 83.
Indro Montanelli non era un semplice giornalista, sebbene si sia sempre voluto definire così per tutta la vita. Era prima di tutto un grande intellettuale, una penna affilata e testarda nell’affermare le proprie idee, quindi la sua identità, dalla quale non è mai retrocesso di un millemetro nel corso della sua lunga esistenza.
Questa scorza in apparenza durissima era, al contempo, puntellata da momenti di terribile fragilità interiore che lo portavano a riflettere sul senso, meglio, sul non senso, della vita e di se stesso. Come se la feroce determinazione messa nel lavoro, la applicasse anche alla sua anima, figlia della storia.
“I conti con me stesso” sono un diario ma anche il sottilissimo e pugnace racconto di un’Italia che ormai non c’è più ma che già allora rivelava tutte le sue profonde contraddizioni nazionali, politiche, economiche. Umane. Dal 1957 al 1978, Montanelli si immerge sia in personaggi pittoreschi, foschi, cialtroneschi, sia in persone piene di dignità, intellettualmente fervide, come lui desolati dallo sconfortante panorama sociale con cui avevano a che fare.
Fino in fondo, nel bene e nel male
Ogni anno trattato è introdotto da puntuali descrizioni storiche che permettono di inquadrarlo in senso generale, così da avere un punto di vista il più possibile chiaro di tutte le vicende presenti nel diario. Il tono è diretto, ricco, in certi passaggi, di una pietas che si muove quasi sempre al limite fra il sarcasmo e la dolciastra constatazione dei fatti.
“I conti con se stesso” ci parlano di un carattere coerente, anarchico nel suo conservatorismo, disilluso nei confronti di una classe dirigente e intellettuale preda dei suoi meschini giochi di potere. Franco con tutti e con la sua interiorità, pregna di fantasmi personali contro i quali ha cercato di combattere per tutta la vita.
I mali dell’Italia sono, per certi versi, anche i suoi mali, quelli da cui ha tentato sempre di emanciparsi e che, terribilmente, sono ancora presenti adesso nella nostra quotidianità: il finto perbenismo, la corruzione, il trasformismo, l’ipocrisia, la mancanza di cognizione della propria storia.
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Fra tante meschinità, Montanelli non ha mai smesso di credere nei suoi lettori, gli unici a potergli togliere ogni tipo di autorevolezza e gli unici che si sentiva in dovere di rispettare fino alla fine. Ed è questa la sua più grande lezione di giornalista, scrittore, uomo. Perché la dignità va data a chi se la merita.
Curatore: Sergio Romano – Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli – Collana: Saggi – Anno edizione: 2010 – Formato: Tascabile – In commercio dal: 24 marzo 2010 – Pagine: 284 pp., Brossura – Prezzo: 12 euro.

Parola-Segnalibro: #anticonformismo.
Un ascolto/un’opera d’arte: Paolo Benvegnù – Se questo sono io (2017); Edward Hopper – Room in New York (1932).
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