Viaggio in Sicilia. Il mio sguardo su una terra difficile e affascinante
Un sole che immobile scuote la pelle e rende necessario aumentare il respiro; l’aridità di una terra che sotto la luce dell’estate sembra ritornare al grembo natio dei deserti africani lì dove è nato tutto, lì dove l’umanità ha mosso i primi passi cercando di sopravvivere a se stessa. Un po’ come fanno i siciliani: frenetici, alla continua ricerca del proprio spazio nel mondo. Andare in Sicilia significa allenare uno sguardo su una terra difficile e affascinante come i cieli che la sovrastano in piena estate.
Prima tappa di questo viaggio è stata Palermo e le bellissime cittadine e regioni che le gravitano intorno:
- il mare e i vicoletti di Cefalù;
- la signorilità di Castelbuono;
- la storia secolare del borgo di Erice e del parco archeologico di Segesta.
Un microcosmo fatto di odori, distanze stradali, gente che con le sue rughe scavate dal sole ti accoglie con ospitalità cercando di valorizzare la storia che ha intorno senza sminuirla.



In particolare è stata Palermo a catapultarmi in essa. Città in cui dialogano il degrado del tempo, le problematiche attuali e la magnificenza del passato, quest’ultima ancora viva e attiva nella vita dei suoi abitanti. Un esempio su tutti: il mercato di Ballarò. Ho ascoltato con attenzione i passi della gente che l’attraversa. Ho sentito il suono particolarissimo della voce dei suoi commercianti, a loro volta figli della tradizione lasciata in quelle stradine da altri mercanti, la cui memoria si perde nel buio dei secoli.
Palermo è questo incontro di esperienze. La stessa Sicilia lo è. In essa ritroviamo l’acqua sporca del pesce venduto in mezzo alla strada, il silenzio senza dimensioni temporali dei suoi monumenti, lo sguardo apparentemente assente ma vivo dell’Annunciata di Antonello da Messina vista a Palazzo Abatellis. Ed è difficile non lasciarsi trasportare da tutte queste suggestioni senza rimanerne colpiti.


Simile, ma diverso, il discorso per la parte orientale della Sicilia. Noto, Siracusa e Ragusa Ibla. Tre città simbolo del barocco siciliano. Quello che nasce dal lavoro faticoso di una pietra dura, cotta dal sole come le mani che l’hanno plasmata. Un barocco che sa di fatica ed estro creativo. Città entrate nell’immaginario della nostra cultura come simbolo di riscatto e stratificazione della storia.
Tra questi centri sono rimasto affascinato dalla luce di Ragusa, simile a quella di Matera. Scendendo per le sue ripide scale, ho capito quanto il concetto di bellezza, nella sua unicità, sia relativo perché paradossalmente assimilabile a zone geografiche lontane fra loro le quali, magicamente, diventano simili e sorelle nell’arte.


Proprio quest’ultima mi fa ricordare la genialità di Andrea Camilleri. Ad un anno dalla sua scomparsa, trovandomi nella sua terra, ho percepito l’indispensabilità dei suoi insegnamenti e del suo stile in riferimento a questa società che fatica a rendersi umana e civile. Nel giorno dell’uscita in libreria di “Riccardino”, ultimo capitolo di Montalbano, ho provato felicità, tristezza, rabbia ma anche voglia di ripercorrere le tracce delle sue parole lì dove è cresciuto. Forse è proprio dalle radici che serve ripartire per migliorare ciò che ci sta intorno.
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È proprio Tutto Vero questo Sintetico Commento Sulla Sicilia e sui Siciliani e i Loro Costumi, abitudini in questa Terra Difficile che Ha Tutto.IL Mare, la Montagna, il Cibo e la Virtù della Accoglienza dei Suoi Abitanti il Tutto si Sposa con le Magiche Città ognuna con le sue Bellezze e Diverse tra Loro per Cultura Abitudini e per Questo diventa un MIXER di Sorprese per ogni Posto che Visiti. Questa È La VERA SICILIA
Pienamente d’accordo con questa analisi!