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La cultura come esercizio critico

La cultura come esercizio critico

Riflessioni personali sul concetto di cultura come esercizio critico di riflessione su se stessi. Oltre la polemica su Chiara Ferragni e Mahmood.

Premessa

Indignazione, scandalo, sgomento. Queste sono le reazioni dei cosiddetti benpensanti davanti alla presenza di Chiara Ferragni agli Uffizi e di Mahmood al Museo Egizio. La prima in visita alla celebre Galleria dopo uno shooting, il secondo nell’altrettanto meraviglioso museo torinese per girare un video di una sua canzone. Di qui dibattiti pseudofilosofici sul concetto di cultura, commenti social dai toni più vari, opinioni sul fatto che l’arte di un certo livello non debba mischiarsi col marketing, etc. Per questo ho deciso di parlarne anch’io e dire la mia, conscio della mia esperienza formativa e del fatto che la cultura, per me, è prima di tutto un esercizio critico di riflessione nei confronti di se stessi.

In passato è capitato (ma mi capita tutt’ora) di riflettere su questa parola così inflazionata ed usata dappertutto. Colpa, forse, della mia istruzione accademica o della mia curiosità personale, ho sempre cercato di capire cosa si celasse dietro uno dei termini più diffusi sui mezzi di informazione di questi ultimi tempi.

Una mia definizione

Dal mio punto di vista, cultura è tutto ciò che riesce ad ergersi, grazie al potere dei suoi contenuti, contro la superficialità e i pregiudizi più aberranti dell’epoca in cui viviamo. Può essere un argine ma anche l’opportunità giusta per rompere i muri dell’ignoranza. È esercizio costante del ragionamento critico, l’unico in grado di guidarci nei fiumi in piena di ogni informazione proveniente dall’esterno. In definitiva, cultura è imparare a nutrire un proprio punto di vista migliorandosi con gli stimoli che essa dà.

Non esistono culture alte o basse; esiste solo la nostra capacità di rendere importante per noi e per gli altri tutto quello che gli uomini, nel corso delle epoche, hanno tentato di trasformare in bellezza, in pensiero, in letteratura, in scienza, in spiritualità. La cultura vera stimola alla curiosità, ha come baricentro la ricerca intesa come strumento per liberarsi costantemente dalle prigioni della banalità. Metodologia esemplificata da un libro, da un film, da uno spettacolo teatrale, da un video di un artista in un museo o dalla visita, all’interno di uno spazio simile, di una delle più conosciute influencer in circolazione.

Dobbiamo svestire i panni dei puristi nudi e crudi, liberarci da un provincialismo che nel resto del mondo è sempre più un ricordo sbiadito, consentire al “popolare” di mischiarsi all’ ”aulico” perché entrambi emblemi dello stesso messaggio di cambiamento interiore che la cultura contiene in sé, insito nella sua definizione. Il problema non sono Chiara Ferragni o Mahmood. Anzi, dovremmo ringraziarli perché, a causa della loro ascendenza sul pubblico più giovane, hanno contribuito ad avvicinare quest’ultimo a luoghi riempiti, nella maggior parte dei casi, solo da turisti stranieri, studiosi del settore o grandi appassionati.

Il problema, in definitiva, è il nostro modo di diventare pienamente moderni anche attraverso la cultura. Di spogliare la nostra società, anziana e ripiegata su se stessa, delle sue remore passatiste. Seppur nelle sue diversità concettuali e stilistiche, infatti, l’arte espressa dai musei (ma il discorso può essere esteso benissimo ad altri contesti culturali) per diventare davvero contemporanea, deve entrare nelle nostre vite aiutandoci a farci riflettere sul presente e dimostrando l’importanza del dialogo fra essa e altre epoche lontane nel tempo. In tal senso, sarebbe ora di svegliarci.

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