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Le parole nell’arte

Le parole nell'arte

Articolo sulle parole nell’arte. L’Annunciata di Antonello da Messina.

Delle volte, un particolare. La piega di una stoffa, la presenza di un albero messo lì sullo sfondo, all’inizio impercettibile all’occhio ma necessario per dare un senso al quadro. Oppure l’assenza voluta di un colore che magari sarebbe stato fondamentale e che per l’artista non lo era perché incapace di raccontare il suo mondo, di dire le sue parole nell’arte, di testimoniarlo. O, ancora, le tracce sbiadite di ciò che magari aveva sognato e poi decide di dipingere.

L’arte è un esercizio di sottrazione e sovrabbondanze, un gioco dell’apparire e dell’esserci, il luogo stesso della dissimulazione e della perspicacia più spasmodica, ossessiva, basti pensare ai meravigliosi particolari dipinti da Vermeer nelle sue opere, ognuno con un significato, ognuno essenziale a trasmettere l’anima di chi lo stava creando.

Questa volta non vi parlo di un libro, ma di qualcosa che è come se lo fosse sebbene non sia affatto ordinato in parole. Vi parlo di un dipinto che ha sempre colpito il mio sentire all’interno del quale rimarrà impresso per tutta la vita. È l’Annunciata di Antonello da Messina (1475), vista poco tempo fa a Palazzo Abatellis.

Annunziata

Ammiro l’opera a distanza, potrebbe starmi benissimo nel palmo della mano eppure è enorme nel suo esprimersi dentro il mio vissuto. Non ho mai saputo cosa celassero quegli occhi, perché sfuggissero allo sguardo, perché contemplassero una lontananza che in fondo ho sempre avvertito come vicina, reale, autentica.

Più dell’enigmaticità della Gioconda, più di un autoritratto di De Chirico, l’Annunciata si pone a metà fra l’ombra e la voglia di squarciarla con la luce della Sicilia che mi ha accompagnato mentre la guardavo. È un ignoto che vuole esistere ed io voglio fare la stessa cosa: esistere al di là delle lotte che la vita ci pone ogni giorno. Ma quella mano mi mette in guardia, mi fa capire che devo essere cauto e fermarmi per costruire pian piano la verità. La mia.

I colori sono ancora vivi, l’azzurro mi ricorda il riflesso del cielo nel mare, mentre uno sfondo neutro ed oscuro porta la figura ad uscire quasi da un palcoscenico per iniziare a parlare o a leggere… Cosa? I passi delle nostre vite? L’angoscia che esse non saranno mai perfette? Forse sì e forse ecco giustificato quello sguardo scarno, quasi stanco, timido e schivo. Che porta te stesso ad esserlo a tua volta.

È tutta lì la Parola. Il gusto di distillarla con grazia per farne sentire la forza. L’amore per un silenzio che urla quando tutto intorno non ne coglie il suo essere prezioso. L’Annunciata è un quadro dipinto nel non detto e nella capacità di volerlo affermare con coscienza, senza affidarsi alle leggi del caso. In questo l’arte, alla fine, è una forma di scrittura.

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