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La strada di casa, Kent Haruf: l’ultimo ritorno a Holt

la strada di casa

Recensione del romanzo “La strada di casa” di Kent Haruf pubblicato da NN Editore. Si torna ad Holt, per l’ultima volta

Tristezza è quando finisci di leggere l’ultimo libro di un autore che ami alla follia e che purtroppo è venuto a mancare. Niente più Kent Haruf per me. Niente più Holt per tutti noi. Come si fa a dire addio ad uno dei propri scrittori preferiti? Lasciare Holt e il Colorado di Haruf per sempre? Ho rimandato la lettura de “La strada di casa” di Kent Haruf per settimane perché non ero pronta a lasciare per sempre quel paesino piccolo e sperduto tra le montagne americane che è diventato un po’ anche casa mia e di tutti i lettori di NN Editore. Ho ritrovato la mia strada di casa tra le parole di quest’ultimo romanzo tradotto in italiano. E adesso mi sento un po’ smarrita.

Trama

Jack Burdette è troppo grande per la città di Holt e per i suoi abitanti. Ex giocatore di football, cacciato dal college con un’accusa di furto, poi militare in missione all’estero, quando sembra aver messo la testa a posto lascia improvvisamente la sua fidanzata per sposare un’altra donna conosciuta dodici ore prima. A ogni ritorno, Holt gli sembra sempre più stretta e scomoda… finché Jack non scompare con la cassa dell’azienda per cui lavora, lasciando la moglie e due figli.

Dieci anni dopo, la città non ha perdonato né dimenticato. Eppure Jack torna un’ultima volta, con una macchina vistosa e un passato ingombrante, per far saltare di nuovo ogni convenzione e ogni certezza, senza alcun rimpianto. Ancora una volta Kent Haruf, con la sua scrittura tenera e implacabile e il suo sguardo asciutto ed empatico sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace.

“La strada di casa” è in effettivo il secondo libro scritto da Haruf, uscito negli Stati Uniti nel 1990, quindi sei anni dopo Vincoli e nove anni prima della famosa e fortunata Trilogia della Pianura. Come per gli altri romanzi, la vicenda ruota intorno ad una situazione di quotidianità in cui i personaggi sono quelle persone comuni che potremmo incontrare tranquillamente nelle realtà dei piccoli paesi sperduti americani. Dopo aver letto tutti i romanzi di Haruf, mi sono ormai convinta che Holt rappresenti proprio l’essere americano con le piccole ipocrisie, la voglia di giustizia fai-da-te, il valore della famiglia, dei buoni valori e quella continua ricerca di equilibrio tra ciò che è moralmente giusto o sbagliato.

Ritroviamo tutti questi aspetti americani anche nella Holt di questo romanzo scossa dal ritorno improvviso di Jack Burdette, un uomo che qualche anno prima, aveva tradito la comunità e lasciato la famiglia. A raccontare la vicenda è  Pat Arbuckle, direttore del giornale locale – Holt Mercury – nonché vecchio amico di Jack. Dalle sue parole ripercorriamo l’infanzia dell’amico, spesso caratterizzata da eventi violenti e travagliati. E questa prima parte narrata nel passato ci darà poi modo di rispondere alle tante domande che costellano la parte finale del libro. Prima fra tutte: perché Jack è tornato a Holt dopo tutti questi anni? Il suo comportamento può essere in qualche modo giustificato?

“La gente di Holt pensava che a quel punto avrebbe pianto. Pensavano che sarebbe crollata. Immagino fosse quello che volevano. Ma lei non lo fece. Forse aveva oltrepassato il punto in cui le lacrime di un essere umano hanno un senso, difatti girò la testa, chiuse gli occhi e dopo un po’ si addormentò.”

Tema centrale di tutto il libro è la ricerca di giustizia. Gli abitanti di Holt vogliono farsi giustizia per quello che è accaduto a causa di Jack, spesso commettendo atti ignobili e anche peggiori su innocenti. E questo senso di “estirpare la propria colpa” da vita ad una delle scene più forti di tutta la produzione di Haruf avente come protagonista Jessie, la moglie di Jack. Un sacrificio potente, in cui la maestria delle parole di Haruf regala a tutti noi una vibrazione forte, tangibile, crudele.

Lo sguardo di Haruf è oggettivo e inclemente verso una società fatta di ombre, dolori, fragilità, ma sopratutto tanta umanità. Ciò che più colpisce della penna di questo grande scrittore americano è il talento nel dipingere le azioni e i sentimenti degli uomini con una semplicità disarmante ricordando che la vita è eccezionale nella sua umiltà e semplicità. Nel leggere “La strada di casa” si sorride, ci si indigna, ci si arrabbia, si piange. E con poche pagine riesce a regalare al lettore l’esperienza più bella: l’emozione pura.

Per “La strada di casa” l’autore lascia un finale aperto difficile da digerire. Non amo i finali aperti e in questo specifico caso mi ha lasciato totalmente sorpresa come scelta. Ma a mente fredda e lucida non poteva esserci finale migliore. Lascia il lettore con quell’ultimo dubbio sul significato vero del concetto di “giustizia”. E’ questa la giustizia per il protagonista?

Ho un solo motivo per consigliare “La strada di casa”: Kent Haruf è uno Scrittore con la S maiuscola e sa scrivere dannatamente bene. Leggetelo, recuperate anche gli altri libri. Lasciatevi sedurre e godete dalla sua scrittura perché di autori contemporanei come lui ne abbiamo ben pochi!

Un grazie speciale alla casa editrice NN Editore (e a Francesca) per avermi omaggiata di una copia del romanzo!


La strada di casa

Kent Haruf – La strada di casa

Titolo originale: Where You Once Belonged
Editore: NN Editore
Genere: narrativa moderna – contemporanea
Prima edizione: 1990
Prima edizione italiana: 2020
Pagine: 194 pp.,
Traduttore: Fabio Cremonesi
Prezzo: 18,00 euro

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Instancabile lettrice, nipponista da sempre, attualmente dottoranda! Viaggio, fotografo, studio le tombe decorate del Giappone antico. Amo l'inverno, il tè, l'Asia, i biscotti. Ho un cane salsiccia e un fortunadrago in miniatura. Leggo, sorrido, vivo! Quanti segnalibri darò alle mie letture?

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