Recensione del libro “Il re di Girgenti” di Andrea Camilleri. La letteratura come riscatto dalle brutalità della storia.
Una storia d’altri tempi
“Il re di Girgenti” è una favola amara che parla di fatica contadina, quella che si spacca la schiena dalla mattina alla sera per portare un po’ di cibo a casa, quella che sa come affrontare i ritmi della natura nonostante capiti spesso che ne rimanga vinta. Un dolore che appartiene al corpo, e poi allo spirito che ne riflette l’indolenza e lo sconforto ma anche la voglia di combattere. In questo libro di Andrea Camilleri la letteratura come riscatto dalle brutalità della storia è al centro della vicenda dell’intrepido Zosimo, figlio della terra.
Siamo in Sicilia a metà fra Seicento e Settecento. I nobili prevalgono sui più deboli con soprusi e angherie, mentre questi ultimi cercano di dare una dignità alla propria vita lavorando sodo, brutalmente. Fra questi vi è Zosimo, un ragazzino fin da piccolo molto sveglio, attento ad ogni particolare della vita che ha intorno. Curioso e incline a sconfiggere ogni tipo di sopruso nei confronti della sua gente, Zosimo ha un carisma che subito tutti gli altri notano. È impossibile da non vedere, ma soprattutto da non apprezzare.
Comincia per lui una lenta ascesa ad un gloria effimera, che lo porterà a diventare “re” dei suoi compaesani, che vedono in lui l’unica persona capace di dare un significato alle loro vite. Capo popolo, brigante con la passione per la cultura, Zosimo è dotato di uno spiccato senso per la commiserazione che lo induce a giudicare magnanimamente anche i suoi nemici, a cui non risparmia pene severissime nel momento in cui approfittano del loro potere sui più deboli ed inermi, fino alla tragica e mitica fine sul patibolo.
Sperimentalismo e semplicità
“Il re di Girgenti” è un libro che parla dell’intero immaginario di Camilleri. In esso ritroviamo l’attenzione dello scrittore siciliano nei confronti delle classi sociali più povere e oppresse, un gusto linguistico che rende il siciliano una lingua personale, “camilleriana”, originalissima, pensata tanto in ogni particolare, che rende la narrazione istrionica e divertente, seppur gli argomenti trattati siano particolarmente pugnaci, sempre in bilico fra la lotta e la triste constatazione che le cose non potrebbero cambiare mai.
Un romanzo storico dal taglio fortemente politico e sociale che non lascia nulla al caso nelle sue descrizioni dei personaggi, molti dei quali riescono a strapparti un sorriso sincero fino alla fine. È impossibile non appassionarsi ad ognuno di loro, anche a quelli più malvagi perché ritratti con naturalezza e sincerità quasi fossero dei parenti stretti che non si riesce a dimenticare facilmente quando l’intera vicenda sta per concludersi.
Altro elemento imprescindibile della narrazione è quello passionale. Un gusto per la carnalità viscerale, sensuale, mai volgare. Per Camilleri assume grande senso il corpo con le sue esigenze e voglie, con donne dalla bellezza senza tempo, in grado di catturare nelle loro trame oscure gli uomini rendendoli incapaci di affrontare la vita senza il loro aiuto e sostegno. Una “fimmina” che non basta mai a placarli totalmente.
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Ho riso e riflettuto molto leggendo “Il re di Girgenti” affrontando una lettura leggera nel suo librarsi fra una storia e l’altra senza mai sentirsi affaticati dal suo ritmo che scorre libero, sereno. All’inizio, la lingua può essere difficile ma ti prende man mano che si avanti, quasi diventasse parte di te. Un po’ come la personalità di Camilleri di cui non si riesce mai a fare a meno.

- Editore: Sellerio Editore Palermo
- Collana: La memoria
- Anno edizione: 2001
- In commercio dal: 12 ottobre 2001
- Pagine: 448 pp.
- Prezzo: 14 euro
Parola-Segnalibro: #lotta.
Un ascolto/un’opera d’arte: Francesco Guccini – La locomotiva (1972); Ermanno Olmi – L’albero degli zoccoli (1978).
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