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Albert Camus: la rivolta e il destino

Albert Camus: la rivolta e il destino

Articolo e riflessioni su Albert Camus. L’attualità de “L’uomo in rivolta”: libro necessario per capire il mondo di oggi.

Quel sorriso appena accennato, la sigaretta messa sbilenca a lato delle labbra. Lo sguardo sveglio e empatico, che spinge ad entrare subito in sintonia con lui, come se fosse una amico di vecchia data. Questa è una delle immagini più conosciute di Albert Camus, forse per me la più bella e coinvolgente. Perché? Semplicemente perché sottolinea tutta l’essenza del suo pensiero esistenzialista, quella volontà di capire l’assurdità della vita rimanendo sempre e comunque umano. Quanto mancano intellettuali come lui, quanto manca il coraggio del suo pensiero, la sua voglia di rivendicare il nostro diritto all’autenticità della vita liberi da ogni tipo di compromesso. È in questo che consiste l’attualità di uno dei suoi testi più belli, “L’uomo in rivolta”, un libro necessario per capire il mondo di oggi.

La complessità del pensiero di Camus, in perenne scontro dialettico con la constatazione amara dell’assurdità di ciò che ci circonda, non cede ad alcun pessimismo o, peggio, ad alcun nichilismo contro cui l’autore stesso si scaglia veemente, attraversando, anzi, galoppando lungo i sentieri della storia e della filosofia, cercando in esse le tracce di una riflessione che ha come base fondamentale la ricerca della verità dell’esistenza. Camus, ne “L’uomo in rivolta”, non si risparmia nell’analisi metafisica, storica, artistica, cercandone le ragioni nell’apparente irragionevolezza di pensatori come Nietzsche che avevano oltrepassato il confine della realtà percependola in tutte le sue contraddittorietà. In questa rivolta che si fa anche scelta nichilista, Camus percepisce non solo un malessere personale ma anche uno più universale, da cui nessuno di noi può scampare: la coscienza che le cose, in fondo, non vanno bene e che bisogna in qualche modo rivoltarsi contro di esse.

In che modo? Non certamente con l’assurdità della violenza, che ha percorso la storia da sempre, divenendo ancora più illogica con i moti rivoluzionari dei primi quarant’anni del Novecento, dove per raggiungere una fantomatica uguaglianza sociale si ammetteva la necessità dell’omicidio. Un pensiero deviato, abominevole, che punta alla distruzione più che alla creazione positiva, alla trasformazione del malessere in qualcosa che ci dia la spinta per capovolgere davvero la realtà e noi stessi, per migliorarci e per dimostrare al mondo che un senso può esserci nel momenti in cui sappiamo prendere coscienza di ciò che di autentico dobbiamo sempre difendere. È questa la caratteristica essenziale di ogni tipo di rivolta. Eppure noi non riusciamo a fuggire dal fascino del Male, da quella tentazione che Camus ravvisa in Sade di dimostrare di essere liberi in tutto disumanizzando i confini del nostro intelletto.

“Tutti portiamo in noi il nostro ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni. Ma il nostro compito non è quello di scatenarli attraverso il mondo; sta nel combatterli in noi e negli altri. La rivolta, la secolare volontà di non subire, di cui parlava Barrès, ancor oggi è al principio di questo combattimento. Madre delle forme, sorgente di vita vera, ci tiene sempre ritti nel moto informe e furioso della storia.” (p. 329)

Sono parole scritte nel 1951, ma ancora tremendamente contemporanee in un’epoca che come la nostra sembra non rivendicare alcun freno ad ogni tipo di manifestazione umana cercando, certe volte, di giustificare la voglia stessa di oltrepassare ogni limite per arrivare dove? Nel raggiungimento di un’umanità narcisista capace di annullare se stessa. Ecco perché è essenziale trovare una soglia a questa sete assurda di libertà per rendere quest’ultima davvero libera cogliendone le ragioni. Su tutto questo si basa la ricerca di un sano altruismo che Albert Camus scorge nella forza davvero creatrice dell’arte, in particolare nella pittura e nella letteratura, entrambe in grado di manifestare le devastazioni interiori di chi le pratica senza per questo andare oltre la misura del lecito per scatenarle contro il mondo.

Al contrario, esse aiutano a parlare dell’assurdità della vita aiutandoci a riparare da essa credendo in una possibilità di riscatto che, per il Camus de “L’uomo in rivolta”, passa dalla valorizzazione dei meno fortunati e più umiliati. Soltanto prestando la nostra attenzione nei loro confronti, soltanto dimostrandoci pienamente umani, saremo capaci di migliorare noi stessi e le domande che ci portiamo dentro fin dalla nascita. Condividendo la sofferenza, esprimendola anche con le infinite metodologie dell’arte, è possibile porsi oltre ogni nichilismo per riassaporare l’autenticità dell’essere uomini per il bene stesso degli uomini, malgrado le nefandezze e mostruosità di cui essi sono colpevoli. Una lezione filosofica che deve far rifletterci anche oggi, a partire dalla quale è possibile ambire a un destino migliore.

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