Narrativa straniera, Recensioni
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Pachinko. La moglie coreana, Min Jin Lee

Recensione del romanzo “Pachinko. La moglie coreana” di Min Jin Lee edito da Piemme. Una storia di guerra, sopravvivenza e difficoltà a trovare la propria identità attraverso gli occhi di tre generazioni di coreani emigrati in Giappone

Quando ho preso in mano per la prima volta “Pachinko. La moglie coreana” di Min Jin Lee non capivo la connessione tra il famoso gioco d’azzardo giapponese e la “moglie coreana”. In verità il nesso lo si riesce a comprendere solo a lettura terminata, quando tutti i pezzi tornano al suo posto. E’ un romanzo intenso sulla situazione dei coreani durante il colonialismo giapponese e le continue difficoltà che i coreani di seconda generazione in Giappone hanno subito fino a pochi anni fa (e forse ancora oggi esistono discriminazioni). Ma “Pachinko. La moglie coreana” è anche una storia di resilienza femminile, di ricerca di un’identità e bisogno di perdonare.

pachinko la moglie coreana

Min Jin Lee – Pachinko. La moglie coreana


Titolo originale:
Editore: Piemme
Genere: Narrativa contemporanea
Prima edizione: 2017
Prima edizione italiana: 2018
Pagine: 580 pp.,
Traduttore: F. Merani
Prezzo: 11,90 euro

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Trama

Corea, anni Trenta. Quando Sunja sale sul battello che la porta in Giappone, il suo Paese, la Corea, è colpito a morte dall’occupazione giapponese. Tradita dall’uomo che l’ha fatta innamorare e da cui aspetta un figlio, per non coprire di vergogna la locanda che dà da vivere a sua madre, Sunja lascia la sua casa, al seguito di un giovane pastore che si offre di sposarla. Ma anche il Giappone si rivelerà un tradimento: quello di un Paese dove non c’è posto per chi, come lei, viene dalla penisola occupata. Perché essere coreani nel Giappone del xx secolo è come giocare al gioco giapponese proibito, il pachinko: un azzardo, una battaglia contro forze più grandi che solo uno sfacciato, imprevedibile colpo di fortuna può ribaltare.

La mia valutazione

“Pachinko. La moglie coreana” racconta la storia di tre generazioni di coreani divisi tra la loro identità di nascita, coreana, e quella di adozione giapponese. Raramente nei libri di storia delle scuole si parla del colonialismo giapponese e cosa questo ha causato sulle popolazioni. Le atrocità commesse dal Giappone sul popolo cinese, coreano e del Sud Est asiatico sono paragonabili agli orrori commessi dai nazisti. Tuttavia, il Giappone ha avuto difficoltà ad ammettere e ad affrontare i crimini di guerra per cui è stato, giustamente, accusato. Questo ha comportato che i popoli considerati “inferiori”, come i coreani, non siano mai stati realmente accettati come giapponesi, anche se nati e cresciuti nell’arcipelago. Questa premessa è importante per comprendere una parte delle vicende del romanzo che vede proprio i coreani di seconda e terza generazione affrontare razzismo e problemi di inserimento.

Lo scenario storico del colonialismo, della Seconda Guerra Mondiale e del dopo guerra giapponese, s’intreccia alla perfezione alla storia della vita di Sunja. Le vicende della Corea e del Giappone vengono raccontate dalla protagonista e dai membri della sua famiglia trasportando il lettore capitolo dopo capitolo in un romanzo corale.

“La vita di una donna è un susseguirsi interminabile di lavoro e sofferenze“.

E’ una frase che viene ripetuta spesso nel romanzo perché sono proprio le donne a dover portare addosso tutta la sofferenza per l’amore provato, le parole taciute, i desideri nascosti. Min Jin Lee ha dato vita a delle donne forti, pronte ad affrontare il loro destino senza timore e senza rimorso, dedite alla famiglia per la quale hanno spesso sacrificato la propria felicità. Sono madri, figlie, mogli, amanti. Sono donne che hanno combattuto per loro stesse e per gli uomini ormai sconfitti dalle atrocità della guerra e dal razzismo.

La narrativa di Min Jin Lee è coinvolgente, specialmente nella prima e seconda parte del romanzo. La terza parte, invece, l’ho trovata meno forte. Le tragedie che sconvolgono Sunja sono solo accennate, senza entrare completamente nell’animo di chi le ha vissute. Questo è un peccato perché dalle prime parti, il lettore crea un forte legame con tutti i protagonisti e vorrebbe poter conoscere meglio questi momenti forti (evito di essere esplicita per non fare spoiler). Si arriva al finale con l’amaro i bocca sia per come finisce la storia sia perché mancano tutta la serie di vicende di alcuni dei protagonisti principali.

In ogni caso “Pachinko. La moglie coreana” è una bellissima storia che parla di immigrazione, di amore e di voglia di andare sempre avanti. Ma quindi cosa c’entra il Pachinko? Il famoso gioco d’azzardo giapponese sarà presente nella vita della famiglia di Sunja perché a gestire queste sale da gioco erano prevalentemente coreani. I giapponesi quasi si aspettavano che un coreano, anche se nato in Giappone, avrebbe finito per gestire sale gioco e finire nella mala vita. Come se fosse una maledizione…

E’ da poco uscito anche il kdrama tratto proprio da questo romanzo e con Lee Min-Ho tra gli attori principali. Voi l’avete visto?

Consiglio “Pachinko. La moglie coreana” a chi vuole conoscere meglio la storia della Corea del secolo scorso, a chi ama i romanzi corali, a chi piacciono le storie intense

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