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Cercare la pace – L’Italia a un bivio

Con il pericolo di un conflitto globale, quali sono le risposte concrete da dare sul lungo periodo per trovare la pace? In che modo l’Italia potrà riprendersi?

Da quando è iniziata la guerra fra Russia e Ucraina, si cerca di capire quali soluzioni trovare per far finalmente tacere le bombe e ritrovare la pace. Non nascondiamoci dietro a retorici stratagemmi pacifisti, frasi fatte, marce e striscioni. Il problema di un possibile conflitto globale è dietro l’angolo a meno che finalmente non si cerchi di arrivare a una trattativa in grado di dare risposte concrete sul lungo periodo.

Occorre innanzitutto cercare le radici storiche che hanno portato alla possibilità che la guerra potesse esplodere. Ogni pace futura va costruita attraverso la conoscenza, altrimenti non ha senso iniziare qualunque discorso. Siamo a un bivio. Un nuovo ordine (o disordine, non lo sappiamo) sta per nascere e questa volta non si hanno più certezze ideologiche a cui affidarsi. Nell’ipotesi migliore dobbiamo aggrapparci a quelle personali, ma nemmeno di queste sarei certo.

Un cambiamento geopolitico e antropologico sta gradualmente avvenendo e ancora non ce ne accorgiamo. Il primo, lo stiamo vivendo in questi mesi; il secondo, da anni grazie alla complicità delle nuove tecnologie. Che tipo di uomo verrà fuori da tutto questo? Nella storia, in ogni momento di passaggio, l’umanità ha tentato di reagire alle catastrofi riannodando le macerie del suo passato. È accaduto con la fine dell’impero romano d’Occidente quando in Europa si avvertì l’esigenza di ripartire dal messaggio cristiano tenendo bene a mente la lezione degli antichi; è successo al termine del Medioevo quando all’uomo non bastò più la fede, sentendo il bisogno di dare un senso alla propria libertà ricominciando da se stesso attraverso il culto filologico della parola (l’Umanesimo).

Ora che abbiamo perso l’attenzione per la nostra storia e la ricerca del divino, non sembra sufficiente ricominciare da ciò che siamo, frammentati in mille incognite alla luce delle quali appariamo a noi stessi più fragili e deboli. Un’insicurezza che ci sta costando cara in termini esistenziali e che ci fa sbattere continuamente contro la solidità di chi, nel bene e nel male, porta avanti le proprie ragioni. La globalizzazione va calmierata, non strenuamente portata alla sua esasperazione. Se dovrà prevalere l’orizzonte di un mondo interconnesso ogni nazione deve, anche e soprattutto, proteggere ciò che è stata perché è da lì che ci si ricompatta.

Se c’è una cosa che sta dimostrando la guerra fra Russia e Ucraina è che, dipendere a livello energetico da altri paesi, è un cappio che via via può soffocare e far morire. L’Italia, in tal senso, ha l’obbligo di cercare una propria autonomia, rafforzare la sua produzione industriale, trovare una via che la faccia finalmente crescere come Stato. Non possiamo sempre sottostare all’altro perché quest’ultimo, improvvisamente, può agire in maniera dissennata e compromettere il nostro sviluppo in una situazione di pace.

Quando valorizzeremo ciò che abbiamo? Quando permetteremo di trarre forza dalla storia immensa presente in ogni nostro territorio, da nord a sud? Quando la smetteremo di vivacchiare aspettando che discenda dall’alto un aiuto in grado di farci sopravvivere? Basta sperare inutilmente, abbozzando soluzioni che tamponano invece di risolvere. Si deve agire subito, con coraggio, visione del futuro, carattere.

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